Rapporto Pensiero-Cervello

Páginas: 8 (1938 palabras) Publicado: 13 de abril de 2012
Il rapporto pensiero-cervello. La dipendenza estrinseca della conoscenza intellettiva.


1. Pensiamo col cervello?
Pensiamo col cervello? Certe espressioni quotidiane sembrerebbero dare una risposta positiva, facendoci capire ciò che la gente comune intende quando si toccano questi argomenti. Infatti, non è raro sentire, a guisa di raffinato insulto, un “Pensa! Usa il cervello!”.Oltre a questi dati, ce ne sono altri più seri: per esempio, sembra che le persone affette da malattie e disordini cerebrali “pensino” meno, “ragionino” meno, addirittura alcuni individui danno così pochi segni di attività mentale nel loro stato vegetativo persistente che qualcuno dubita che ci sia appunto una tale attività.


Con le nuove tecnologie, si sa ormai che le funzioni cerebralisono “localizzate” in aree del cervello. Infatti, la tecnologia ha solo confermato ciò che già si intueva dagli inizi del XIX secolo. Franz Gall, famoso neuroanatomista e fisiologo viennese, è stato il primo ad affermare questa localizzazione delle funzioni. Fin qui non c’è nessun problema, se può ammettere tranquillamente che i processi cerebrali sono localizzati nel cervello, nel senso che certeparti di esso si attivano in modo speciale nello svolgere questa o quell’altra funzione. La difficoltà arriva quando si crede che il pensiero, l’amore, il senso di colpa, e altre attività siano causate e controllate da certe parti del cervello.


Il primo tentativo di risposta a questo problema si può intravvedere alla luce di un’analogia, prendendo in considerazione altre attivitàdell’uomo, quali sono quelle realizzate dai classici cinque sensi. Diciamo, quindi, che udiamo con l’udito, vediamo con l’occhio, assaporiamo con la lingua, odoriamo col naso e sentiamo al tatto con la pelle. Questi famosi cinque sensi hanno come causa il loro organo corporale corrispondente. Sembrerebbe verosimile che fosse anche così nel caso della conoscenza intellettiva, cioè, pensiamo col cervello.E’ così? La risposta si trova nella stessa analogia.


Gli organi dei cinque sensi sono materiali, di carne ed ossa, e dunque anche le azioni delle facoltà sono materiali, nel senso che i loro oggetti sono qualità sensibili particolari quali i colori, i suoni, gli odori, eccetera. Il cervello è anche un organo materiale. Ora, se sostenessimo che il suo oggetto è la conoscenzaintellettiva (cioè, che pensiamo col cervello), questa dovrebbe essere di carattere materiale e particolare, e tuttavia non è così. Se i concetti che pensiamo fossero materiali, occuperebbero uno spazio nella nostra testa e finirebbero riempiendola prima o poi; inoltre, sarebbe impossibile capire e adoperare concetti astratti quali la patria, la pace, la tolleranza, che non hanno un riferimento materiale.Per questo motivo difendere la materialità dei concetti risulta assurdo.


Se dunque i concetti non sono materiali, non resta altro che ammettere il loro carattere spirituale. Ma come mai un organo materiale potrebbe essere la causa di un’azione spirituale quale la conoscenza intellettiva? Si vede chiaro che l’analogia organo-azione, in questo caso, è sproporzionata, e dunque falsa.Allora, quale sarebbe il vero ruolo di questo “problematico” cervello? Sembra che il piú giusto sia quello di condizione strumentale della conoscenza intellettiva.


Lo si può capire meglio con un esempio, forse improprio e un po’ semplicistico, ma non affatto sproporzionato. Immaginiamo che Joshua Bell, famosissimo violinista americano, è davanti a noi. La sua musica giocherebbe il ruolodel pensiero, il violino sarebbe il cervello. È chiaro che la causa della musica è Joshua Bell, ma se il violino si rompesse o le corde saltassero, lui non potrebbe suonare le sue magnifiche melodie. Il violino è, dunque, la condizione strumentale della musica di cui Joshua Bell è causa.


Certo, se il cervello non funziona, la conoscenza intellettiva sarà condizionata al modo...
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