Estudente

Páginas: 247 (61545 palabras) Publicado: 11 de mayo de 2012
Mercè Rodoreda

La piazza del Diamante
Traduzione e postfazione di Giuseppe Tavani Nota di lettura di Sandra Cisneros © Institut d’Estudis Catalans by arrangement with Mercedes Casanovas Agencia Literaria S.L. 1990 Titolo originale: La plaça del Diamant © 2008 La Nuova Frontiera Via Pietro Giannone, 10 00195 Roma In copertina: Mother holding young child’s hand © PBNJ Productions/CorbisProgetto grafico di Flavio Dionisi

NOTA DI LETTURA di Sandra Cisneros Non ci sono camelie in via delle Camelie. Forse una volta c’erano, poco o tanto tempo fa, ma non quando ci sono stata io la primavera scorsa. Mercè Rodoreda, nel prologo a uno dei suoi romanzi, scrive: “Le strade sono sempre state fonte di ispirazione per me”. Ed è per le strade di Barcellona che la vado a cercare. Un criticofrancese ha detto di lei: “Si ha la sensazione che questa piccola lavoratrice di Barcellona parli a nome della speranza, della libertà e del coraggio di tutto il mondo. E che abbia appena pubblicato uno dei libri più universalmente rilevanti che l’amore - e lasciateci finalmente pronunciare questa parola - abbia potuto scrivere.” Si riferiva a La piazza del Diamante un romanzo di cui mi parlò per laprima volta un parcheggiatore texano - «Conosce Mercè Rodoreda?» mi chiese, «García Márquez la considera una delle più grandi scrittrici del secolo». Una raccomandazione di García Márquez e un’altra di un parcheggiatore. Non potevano sbagliarsi entrambi. Il parcheggiatore scarabocchiò il nome “Rodoreda” su una ricevuta, un anno dopo comprai il libro e lo lessi dall’inizio alla fine, tutto in unpomeriggio. Una volta finito mi sentivo stordita come Balboa quando scoprì l’immenso Pacifico. Chi è questa scrittrice, questa “piccola lavoratrice” arrivata con troppo ritardo nella mia vita, eppure appena in tempo. Quello che so di Mercè Rodoreda l’ho raccolto mettendo insieme introduzioni, prologhi, sinossi e quarte di copertina - pezzi e frammenti, di qua e di là, che mi raccontano fatti ma non midicono nulla. So che è nata il dieci ottobre (del 1909 secondo una fonte, del 1908 secondo un’altra), unica femmina - come me - di genitori iperprotettivi, ma a differenza di me lei era anche figlia unica.

A venticinque anni pubblica il suo primo romanzo. A trenta riceve un prestigioso premio letterario per il libro Aloma. Scrittrice prolifica negli anni precedenti la guerra civile spagnola,scrive romanzi e pubblica racconti in varie riviste letterarie importanti. Era sposata? Aveva bambini? Suo marito la lasciava libera di seguire la sua vita di letterata o le diceva, «Mercè adesso basta, vieni subito a letto»? E quando andava a letto sperava forse che lui non ci fosse, per poterci andare con un libro? Io non lo so con certezza, ma me lo chiedo. So che durante la guerra si rifugiaper un po’ a Parigi, e poi a Ginevra. Alcuni dei suoi libri - La piazza del Diamante per esempio - li completa a Ginevra dove, a quanto dice il suo traduttore inglese David Rosenthal, tirava avanti come una superstite. Questo però cosa vuol dire esattamente? Puliva bagni e tendeva con cura le lenzuola, batteva a macchina tesi di dottorato, asciugava i baffi di latte dalla bocca di un bambino,ricamava stelle blu su lenzuola e federe? O lavorava in una pasticceria tutto il giorno come Colombetta, la protagonista de La piazza del Diamante, le dita stanche di allacciare fiocchi e nastri tutto il giorno. Non posso saperlo. Per vent’anni lontana dalla sua lingua Mercè Rodoreda non scrive. O almeno non pubblica. So che durante quel periodo diceva di non poter sopportare neanche il pensiero dellaletteratura, che la faceva vomitare, e che mai era stata tanto lucida come allora, mentre moriva di fame. E mi vengono in mente i mesi in cui ho vissuto a Sarajevo senza l’inglese, o quell’anno nel Nord della California senza lo spagnolo in entrambi i casi non ho scritto, perché non avevo il coraggio di riprodurre la mia vita su una pagina. Dormivo per ore sperando che i giorni scorressero via,...
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