Gli studi sulla immigrazione in spanga

Páginas: 28 (6849 palabras) Publicado: 1 de julio de 2011
GLI STUDI SULLE MIGRAZIONI IN SPAGNA. UN BILANCIO E ALCUNE RIFLESSIONI Manuel Delgado Ruiz

Al servizio dell’Amministrazione Basta dare un’occhiata al programma dell’ultimo congresso sull’immigrazione, tenutosi a La Coruña tra il 17 e il 19 settembre del 2009, per farsi un’idea piuttosto precisa dello stato della produzione teorica sulle migrazioni e dei suoi orientamenti di fondo oggi inSpagna. L’indice degli atti pubblicati dopo il congresso, con i titoli delle varie sessioni di lavoro, seminari, tavole rotonde e workshop, è piuttosto esplicito: Politiche di controllo dell’immigrazione; Sistemi migratori comparati; Ammissione e regolamentazione del soggiorno e del lavoro dei migranti; Modelli di welfare e regimi migratori; Politiche e diritti sociali; Indicatori di integrazionedella popolazione straniera nell’analisi sociale; Politiche per il ritorno dei migranti; Educazione e fasce giovanili; Politiche di cooperazione e sviluppo. Si può quindi constatare un’attenzione focalizzata quasi esclusivamente su questioni che riguardano la gestione amministrativa di una popolazione costituita da persone in cerca di lavoro, provenienti da paesi più poveri e destinate a svolgeremansioni meno qualificate. La loro presenza è percepita nei termini di un’invasione cui occorre far fronte, come se si trattasse di organizzare una sorta di stato di allarme generale indotto da una situazione eccezionale e preoccupante. Non è un caso che gli iscritti al congresso fossero quasi esclusivamente funzionari di organizzazioni locali o nazionali, assunti o sotto contratto in quanto tecnicispecializzati o studenti iscritti a ogni sorta di corso di specializzazione universitaria. Questa schiera di tecnici, messa insieme, costituisce una sorta di partito, una vera e propria legione di professionisti o aspiranti tali, votati allo scrutinio e all’analisi ‘scientifica’, e cioè sistematica e rigorosa, della ‘questione migratoria’. Al congresso si è
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parlatomolto di politiche attive di integrazione, di presa in carico (sanitaria, educativa, legale, istituzionale, poliziesca/sicuritaria), di partecipazione, di inclusione, di tolleranza e di apertura nei confronti dell’altro, ecc.; e lo si è fatto sempre con un tono solidale, o meglio compassionevole, come se si trattasse esclusivamente di una questione amministrativa, o di sentimenti epredisposizioni etiche e valori civici. Solo un accenno, poi, alla rigida esclusione sociale di una parte considerevole della popolazione, ai fenomeni di discriminazione, segregazione e stigmatizzazione che è costretta a subire, e naturalmente neanche la più vaga allusione alla parola impronunciabile per antonomasia: sfruttamento. È piuttosto interessante ricapitolare l’evoluzione che, dopo gli approccimilitanti e antirazzisti della prima metà degli anni Novanta,1 ha condotto a un predominio assoluto di ricerche, pubblicazioni, ‘bollettini’, analisi, commissioni, organismi, osservatori, centri di studio, convegni, seminari, master e corsi, tutti rigorosamente orientati a soddisfare necessità amministrative in materia di immigrazione, e cioè a indicare ciò che si può e si deve fare affinché ilavoratori stranieri e le loro famiglie giunti in Spagna si inseriscano in un mercato del lavoro per lo più informale e sommerso. Nonostante questa dipendenza e questo assoggettamento generali, esistono oggi ricercatori e gruppi di ricerca che tentano di conciliare il rigore e l’onestà intellettuale, nell’intento di contribuire direttamente alla lotta contro l’esclusione sociale, alla consapevolezza dinon potersi sottrarre ai vincoli imposti dai grandi committenti della ricerca, in primis le diverse amministrazioni pubbliche. Alcuni esempi significativi: Antonio Izquierdo (Università Complutense di Madrid) e la rivista Migraciones internacionales, pubblicata dal Collegio de la Frontera Norte; Carlos Giménez e Liliana Suárez, con il Máster en inmigración, refugio y relaciones intercomunitarias...
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