Novela italiana
quel grasso. Poi si sentiva per tutta la casa un gran rumore di ferraglia: era lui che cercava i ramponi, i chiodi, le piccozze. – Dove avete cacciato la mia piccozza? – tuonava. –Lidia! Lidia! dove avete cacciato la mia
piccozza?
Partiva per le ascensioni alle quattro del mattino, a volte solo, a volte con guide di cui era amico, a volte con i miei fratelli; e il giorno dopo le ascensioni era, per la stanchezza, intrattabile; col viso rosso e gonfio per il riverbero del sole sui ghiacciai, le labbra screpolate e sanguinanti, il naso spalmato di una pomata gialla chesembrava burro, le sopracciglia aggrottate sulla fronte solcata e tempestosa, mio padre stava a leggere il giornale, senza pronunciare verbo: e bastava un nonnulla a farlo esplodere in una collera spaventosa. Al ritorno dalle ascensioni con i miei fratelli, mio padre diceva che i miei fratelli erano «dei salami» e «dei negri», e che nessuno dei suoi figli aveva ereditato da lui la passione dellamontagna;
escluso Gino, il maggiore di noi, che era un grande alpinista, e che insieme a un amico faceva punte difficilissime; di Gino e di quell'amico, mio padre parlava con una mescolanza di orgoglio e di invidia, e diceva che lui ormai non aveva più tanto fiato, perché andava invecchiando.
Questo mio fratello Gino era, del resto, il suo prediletto, e lo soddisfaceva in ogni cosa; s'interessava distoria naturale, faceva collezioni d'insetti, e di cristalli e d'altri minerali, ed era molto studioso. Gino si iscrisse poi in ingegneria; e quando tornava a casa dopo un esame, e diceva che aveva preso un trenta, mio padre chiedeva: – Com'è che hai preso trenta? Com'è che non hai preso trenta e lode?
E se aveva presa trenta e lode, mio padre diceva: – Uh, ma era un esame facile.
In montagna,quando non andava a fare ascensioni, o gite che duravano
fino alla sera, mio padre andava però, tutti i giorni, «a camminare»; partiva, al mattino presto, vestito nel modo identico di quando partiva per le ascensioni, ma senza corda, ramponi o piccozza; se ne andava spesso da solo, perché noi e mia madre eravamo, a suo dire, «dei poltroni», «dei salami», e «dei negri»; se ne andava con le manidietro la schiena, col
passo pesante delle sue scarpe chiodate, con la pipa fra i denti. Qualche volta, obbligava mia madre a seguirlo; – Lidia! Lidia! – tuonava al mattino, – andiamo a camminare! Sennò t'impigrisci a star sempre sui prati! – Mia madre allora, docile, lo seguiva; di qualche passo più indietro, col suo bastoncello, il golf legato sui fianchi, e scrollando i ricciuti capelli
grigi, cheportava tagliati cortissimi, benché mio padre ce l'avesse molto con la moda dei capelli corti, tanto che le aveva fatto, il giorno che se li era tagliati, una sfuriata da far venir giù la casa. – Ti sei di nuovo tagliati i capelli! Che asina che sei! – le diceva mio padre, ogni volta che lei tornava a casa dal parrucchiEere. «Asino» voleva dire, nel linguaggio di mio padre, non un ignorante, mauno che faceva villanie o sgarbi; noi suoi figli eravamo «degli asini» quando parlavamo poco o rispondevamo male.----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
A veces la tarde, en la montaña, mi padre se preparó por excursiones o ascensiones. Se arrodillado a tierra, untó su zapatos y de mishermanos con de la grasa de relampaguea; pensó que sólo él supo untar los zapatos con aquellos gordo. Luego se sintió por toda la casa un gran ruido de chatarra: fue él que buscó los arpones, los clavos, las piquetas. . Dónde la habéis cazado ¿mi piqueta? . tronó. . ¡Lidia! ¡Lidia! dónde habéis cazado la mía
¿piqueta?
Partió por las ascensiones a las cuatro de la mañana, a veces sola, a veces...
Regístrate para leer el documento completo.