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Páginas: 12 (2988 palabras) Publicado: 12 de noviembre de 2012
IL RACCONTO DEL NAUFRAGO - FAVOLA EGIZIA DI 4000 ANNI FA...
 

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UN RACCONTO EGIZIO DI 4000 ANNI FA...

Favola trovata in un unico manoscritto...
il papiro 1115, dell'Ermitage di Leningrado, 
in scrittura ieratica, risalente alla XII dinastia (ca. 2000 a.C.). 
  

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|PREMESSA:|
|Un cortigiano si rivolge a un principe di ritorno da una missione fallita, |
|preoccupato dell'imminente rapporto dinnanzi al re, |
|e lo incoraggia esortandolo a tenere un contegno sicuro. ||Per sottolineare il suo incoraggiamento |
|gli racconta di un'analoga vicenda accaduta a lui stesso: |
|.... la nostra favola.... |

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IL RACCONTO DEL NAUFRAGO...
 
Disse allora l'ottimo cortigiano:
"Gioisci, o principe, vedi, abbiamo raggiunto la patria, afferrato il martello, il paletto è statofissato.
La cima di prua è stata gettata in terra, si levano inni di lode, si ringrazia Dio, ognuno abbraccia il suo compagno.
Poichè il nostro equipaggio è tornato sano e salvo, non ci sono state perdite fra la nostra truppa.
 Abbiamo raggiunto il confine della Nubia, abbiamo passato l'isola Bigga.
Vedi, siam tornati felicemente, la nostra terra, l'abbiamo raggiunta.
Ma ascoltami, o principe, non esagero: lavati, versa acqua sulle tue dita, rispondi a ciò che ti si chiede, parla al re con cuore raccolto, rispondi senza balbettio, perchè la bocca dell'uomo è in grado di salvarlo. Il suo discorso gli guadagna indulgenza.
Ma agisci come vuoi, è stancante consigliarti.
Piuttosto ti racconto qualcosa di simile, una cosa a me stesso accaduta: ero partito per le miniere del re, ero uscito inmare con una nave.
Era lunga centoventi cubiti e larga quaranta, imbarcava centoventi mariani,l'élite d'Egitto.
Osservavano il cielo, osservavano la terra e il loro cuore era impavido più di quello dei leoni.
Allora annunciarono una tempesta, prima ancora che giungesse, e un temporale, prima che scoppiasse. La tempesta ci colse che eravamo ancora in mare prima che potessimo raggiungere laterraferma.
Ancora veleggiavamo, quando il vento raddoppiò e sospinse un'onda di otto cubiti.
 
 
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Mi scagliò addosso un pezzo di legno, la nave affondò. Non si salvò nessuno dell'equipaggio, io solo fui gettato su un'isola da un'onda.
Vi trascorsi tre giorni in solitudine, col mio cuore unico compagno.
Dormii nell'incavo di un albero e (di giorno) cercavo l'ombra.
Mi accinsi poi acercare qualcosa da poter mettere in bocca.
Trovai lì dei fichi e dell'uva e ogni sorta di porri, sicomori, maturi e acerbi e cetrioli, come fossero stati piantati. C'erano anche pesci e uccelli, in breve:nulla vi mancavaa.
Mangiai a sazietà e qualcosa la gettai via, perchè avevo troppo sulle mie braccia.
Feci poi un bastoncino per il fuoco, ne accesi uno e bruciai un olocausto agli dèi.
Udii...
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