Hmph

Páginas: 67 (16672 palabras) Publicado: 20 de agosto de 2011
Io non ho paura
di Niccolò Ammaniti Parte 01
Stavo per superare Salvatore quando ho sentito mia sorella che urlava. Mi sono girato e l'ho vista sparire inghiottita dal grano che copriva la collina. Non dovevo portarmela dietro, mamma me l'avrebbe fatta pagare cara. Mi sono fermato. Ero sudato. Ho preso fiato e l'ho chiamata. "Maria? Maria? Mi ha risposto una vocina sofferente. "Michele! "Ti seifatta male? "Si, vieni. "Dove ti sei fatta male? "Alla gamba. Faceva finta, era stanca. Vado avanti, mi sono detto. E se si era fatta male davvero? Dov'erano gli altri? Vedevo le loro scie nel grano. Salivano piano, in file parallele, come le dita di una mano, verso la cima della collina, lasciandosi dietro una coda di steli abbattuti. Quell'anno il grano era alto. A fine primavera aveva piovutotanto, e a metà giugno le piante erano più rigogliose che mai. Crescevano fitte, cariche di spighe, pronte per essere raccolte. Ogni cosa era coperta di grano. Le colline, basse, si susseguivano come onde di un oceano dorato. Fino in fondo all'orizzonte grano, cielo, grilli, sole e caldo. Non avevo idea di quanto faceva caldo, uno a nove anni, di gradi centigradi se ne intende poco, ma sapevo chenon era normale. Quella maledetta estate del 1978 è rimasta famosa come una delle più calde del secolo. Il calore entrava nelle pietre, sbriciolava la terra, bruciava le piante e uccideva le bestie, infuocava le case. Quando prendevi i pomodori nell'orto, erano senza succo e le zucchine piccole e dure. Il sole ti levava il respiro, la forza, la voglia di giocare, tutto. E la notte si schiattavauguale. Ad Acqua Traverse gli adulti non uscivano di casa prima delle sei di sera. Si tappavano dentro, con le persiane chiuse. Solo noi ci avventuravamo nella campagna rovente e abbandonata. Mia sorella Maria aveva cinque anni e mi seguiva con l'ostinazione di un bastardino tirato fuori da un canile. «Voglio fare quello che fai tu», diceva sempre. “Io non o paura” di Niccolò Ammaniti 1/128 Mamma le dava ragione. «Sei o non sei il portarmela dietro. fratello maggiore?» E non c'erano santi, mi toccava

Nessuno si era fermato ad aiutarla. Normale, era una gara. "Dritti, su per la collina. Niente curve. É vietato stare uno dietro l'altro. É vietato fermarsi. Chi arriva ultimo paga penitenza". Aveva deciso il Teschio e mi aveva concesso: "Va bene, tua sorella non gareggia. É troppopiccola. "Non sono troppo piccola!" aveva protestato Maria. "Voglio fare anch'io la gara!" E poi era caduta. Peccato, ero terzo. Primo era Antonio. Come sempre. Antonio Natale, detto il Teschio. Perché lo chiamavamo il Teschio non me lo ricordo. Forse perché una volta si era appiccicato sul braccio un teschio, una di quelle decalcomanie che si compravano dal tabaccaio e si attaccavano con l'acqua. IlTeschio era il più grande della banda. Dodici anni. Ed era il capo. Gli piaceva comandare e se non obbedivi diventava cattivo. Non era una cima, ma era grosso, forte e coraggioso. E si arrampicava su per quella collina come una dannata ruspa. Secondo era Salvatore. Salvatore Scardaccione aveva nove anni, la mia stessa età. Eravamo in classe insieme. Era il mio migliore amico. Salvatore era più altodi me. Era un ragazzino solitario. A volte veniva con noi ma spesso se ne stava per i fatti suoi. Era più sveglio del Teschio, gli sarebbe stato facilissimo spodestarlo, ma non gli interessava diventare capo. Il padre, l'avvocato Emilio Scardaccione, era una persona importante a Roma. E aveva un sacco di soldi in Svizzera. Questo si diceva. Poi c'ero io, Michele. Michele Amitrano. E anche quellavolta ero terzo, stavo salendo bene, ma per colpa di mia sorella adesso ero fermo. Stavo decidendo se tornare indietro o lasciarla là, quando mi sono ritrovato quarto. Dall'altra parte del crinale quella schiappa di Remo Marzano mi aveva superato. E se non mi rimettevo subito ad arrampicarmi mi sorpassava pure Barbara Mura. Ut! Sarebbe stato orribile. Sorpassato da una femmina. Cicciona. Barbara...
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