Sulla Terra
N. 51
Sergio Atzeni
PASSA VAMO SULLA TERRA LEGGERI
a cura di Giovanna Cerina
In copertina: Salvatore Fancello, Pannello celebrativo, 1941 Università Bocconi, Milano
INDICE
7 Prefazione 29 Nota biografica 33 Nota bibliografica
PASSAVAMO SULLA TERRA LEGGERI
Riedizione dell’opera: Passavamo sulla terra leggeri, Milano, Mondadori, 1996.
39 Passavamo sullaterra leggeri 205 La lingua degli antichi
Atzeni, Sergio Passavamo sulla terra leggeri / Sergio Atzeni ; a cura di Giovanna Cerina. - Nuoro : Ilisso, c2000. 207 p. ; 18 cm. - (Bibliotheca sarda ; 51) I. Cerina, Giovanna 853.914
Scheda catalografica: Cooperativa per i Servizi Bibliotecari, Nuoro
© Copyright 2000 by ILISSO EDIZIONI - Nuoro ISBN 88-87825-07-6
PREFAZIONE
«Il trentaagosto metto il punto finale, spedisco e parto. Poi si vedrà». Il 6 settembre dello stesso anno, il 1995, Sergio Atzeni muore nel mare dell’isola di San Pietro. Le parole di commiato dell’autore dal suo ultimo libro sono riferite dall’amico sodale Giovanni Dettori, con una significativa riflessione: «Una cosa potrei azzardare: lucidamente/oscuramente Sergio sapeva che un periodo, una fase, una tappadella sua scrittura si era chiusa. Con-clùsa. Una tappa che coincideva con la fine del viaggio: lascia quanto basta». Vale a dire una ricca produzione di testi narrativi, poetici, teatrali, saggi e interventi vari; e a suggello il romanzo pubblicato postumo nel 1996 dalla casa editrice Mondadori, Passavamo sulla terra leggeri a cui la scomparsa dell’autore conferisce il valore di libro-testamento:«Suo ultimo libro: che è anche il primo».1 Esso, in una prospettiva di lungo respiro, porta a compimento, dopo lunga gestazione, il suo ambizioso progetto: raccontare tutta la Sardegna, la sua storia millenaria, iniziato con l’Apologo del giudice bandito del 1986 (ma prima ancora con le Fiabe sarde e con quel piccolo gioiello che è Araj dimoniu. Antica leggenda sarda) a cui segue una faseulteriore di investigazione con Il figlio di Bakunìn, del 1991. Il titolo Passavamo sulla terra leggeri è la citazione di un passaggio commentativo che evoca, in forma di idillio, il sogno utopico di un Eden perduto:
1. Le due citazioni sono in G. Dettori, “Tra linea scura e linea chiara: una linea forte”, in La grotta della vipera, Cagliari, a. XXI, n. 72-73, autunnoinverno 1995, p. 32.
7Prefazione
«Se esiste una parola per dire i sentimenti dei sardi nei millenni di isolamento fra nuraghe e bronzetti forse è felicità». Era il tempo felice della libertà: «Passavamo sulla terra leggeri come acqua, disse Antonio Setzu, come acqua che scorre, salta, giù dalla conca piena della fonte, scivola e serpeggia fra muschi e felci, fino alle radici delle sughere e dei mandorli o scendescivolando sulle pietre, per i monti e i colli fino al piano, dai torrenti al fiume, a farsi lenta verso le paludi e il mare, chiamata in vapore dal sole a diventare nube dominata dai venti e pioggia benedetta».2 La felicità di vivere è riflessa nella libertà espressiva che esplode nel ritmo gioioso, scintillante di una danza o in immagini leggere di volo. La forma plurale dell’imperfetto passavamo evocauna dimensione del tempo, continuo, condiviso; mentre il ritmo modulato sulla scansione di un anomalo endecasillabo (Passavamo sulla terra leggeri) inaugura una cifra stilistica seducente con quel più di leggerezza (nel senso di qualità letteraria indicata da Italo Calvino) che sembra alludere alle consuetudini di vita dei S’ard («danzatori delle stelle» secondo il significato fantastico immaginatodall’autore) che interrogavano il cielo, facevano sacrifici, conoscevano i numeri, misuravano le distanze e le orbite celesti. Il viaggio nel testo rivela al lettore (coinvolto in veste di ascoltatore nella mimesi di una esperienza narrativa sotto il segno dell’oralità) «la storia delle donne e degli uomini che hanno vissuto prima di noi nell’isola dei danzatori, madri e padri forse a noi...
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