Jung E L'Alchimia

Páginas: 19 (4611 palabras) Publicado: 24 de enero de 2013
Jung e l'Alchimia

Questi nostri brevi saggi si prefiggono un duplice scopo: dal un lato vogliono essere un "esercizio" di sintesi; dall'altro intendono mettere a disposizione di chiunque i risultati della nostra ricerca. Perché lo facciamo? Perché riteniamo che diffondere la cultura (sia pure essa limitata) ed esprimere punti di vista possa servire al bene della collettività. Qualcuno,pensando a quelle astruse formule presenti nei testi di alchimia, storcerà il naso sentendo parlare di cultura, ma noi speriamo costituisca valida garanzia il fatto che Carl Gustav Jung abbia dedicato più di 1/6 (un sesto) della sua opera proprio allo studio dell'Alchimia. Che fra i tantissimi testi alchemici ve ne siano parecchi pregni di ciarlataneria, è un dato assodato. Ma che si debba fare d'ognierba un fascio, non ci pare saggio. Il vero alchimista è una persona ricca di spiritualità. Egli è portatore di una fortissima tensione verso il "Divino", ed è talmente impegnato nella conoscenza di se stesso, da dedicare l'intera propria vita alla ricerca del Vero. Perché ha usato quel particolare linguaggio? Per paura dei roghi, ma anche perché alcune esperienze frutto della sua ricerca e del suo"operare", potevano essere rese più facilmente con linguaggio sinbolico, piuttosto che con linguaggio concettuale. C'è però un altro curioso motivo che ha spinto tanti ricercatori ad esprimersi in quel modo: creando un atmosfera di ricerca del tesoro, avrebbero, da una parte meglio invogliato le poche persone serie a cui rivolgevano i loro insegnamenti, e dall'altra avrebbero preso in giro ifalsi ricercatori, imbottendo le loro pagine di formule "folli". Le persone serie avrebbero cercato le poche perle nascoste fra tanto pattume messo lì deliberatamente, mentre i cosiddetti "soffiatori" si sarebbero persi in mille operazioni chimiche che nulla avevano a che vedere con la ricerca della Verità. In un certo senso potremmo considerare l'alchimia come un'immensa cronaca di esperienze"mistiche" raccontate dai vari autori in centomila linguaggi diversi. Ad un attento lettore di testi alchemici però non potrà sfuggire il fatto che ogni autore parla per esperienza diretta, e che quel che racconta sa di vero. Le migliaia di simboli usati possono produrre un doppio effetto. Su chi non ha mai neanche tentato di esplorare se stesso: confusione - su chi invece ha avuto qualche esperienzamistica (uso il termine in senso molto lato): conferme e suggerimenti. Giunti a questo punto, ci preme sottolineare una cosa importante. A differenza dei mistici delle religioni, l'alchimista non si abbandona mai completamente: egli è sempre vigile, consapevole, attento. Tale sua attenzione costituisce quasi una forza in più da utilizzare per "bussare" affinché gli venga aperto. Adesso, persottolineare la natura "mistica" dell'alchimista, riporteremo qualche brano scelto fra i tantissimi autori. Il Pernety, nel suo "trattato dell' Opera Ermetica (ed. Phoenix 79, pag. 69) dice: "Adorate solo Dio, amate Lui con tutto il vostro cuore, ed il vostro prossimo come voi stesso. Proponetevi sempre la gloria di Dio quale scopo di tutte le vostre azioni; invocateLo ed Egli vi esaudirà, glorificateLoed egli vi esalterà" . Basilio Valentino, ne Le dodici chiavi de la Filosofia (ed. Mediterranee, pag. 57) ci dice: "…Se il Creatore ha voluto dispensare la vera scienza e la sua non comune conoscenza, è, se non altro, per alcuni che condannano la menzogna, amano la verità, la cercano, designati per l'arte, con un cuore sensibile e che, innanzitutto, amano Dio senza ipocrisia e perciò lo pregano".Infine, Nicolas Flamel conclude il suo Il Libro delle figure geroglifiche (ed. Med. pag. 177) con le seguenti parole: "Tutto questo avviene grazie all'aiuto del Signore, Unico Dispensatore di tutti i tesori e di tutte le grazie; Egli che è Uno e Trino, e che regna nei secoli dei secoli. Così sia". Di brani come questi, nei testi alchemici ve ne sono tantissimi. Molti alchimisti erano monaci,...
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