Per L'Edizione Critica Dei Componimenti Di Domenico Tempio

Per l’edizione critica dei componimenti di Domenico Tempio (1750-1821)
Tra gli interventi dedicati a Domenico Tempio ne figurano alcuni che
evidenziano lo stato lacunoso degli studi a carattere filologico e la carenza di
edizioni critiche affidabili1. Per di più - parafrasando le parole usate da
Francesco Branciforti per l’edizione nazionale di Verga - in mancanza di quegli
studi che siprefiggano lo scopo di ridare in primo luogo all’opera tempiana
«certezza del suo volto “vero”»2, si corre il rischio di perpetuare l’insoluto
problema dell’attribuzione di alcune opere3. Infatti, allo stato attuale degli studi
si ignora la cronologia di una buona parte della sua produzione poetica né sono
stati identificati tutti gli inediti4. Inoltre, con l’eccezione di qualche
informazionericavabile dai componimenti, sappiamo che Tempio ci ha lasciato
poche testimonianze riguardanti la propria condizione di uomo e la propria
1 Scriveva Giorgio Piccitto: «Le edizioni delle opere del Tempio di cui finora si dispone, a
partire dall’editio princeps del 1814-15, sono tutte infide e inadeguate», e a tale proposito
sollecitava la preparazione di «un’edizione critica veramente sicura[che] dovrà fondarsi
anzitutto sui manoscritti autografi», cfr. G. PICCITTO, La tradizione del testo delle poesie di
Domenico Tempio - Il "Ditirammu primu" , in «Zootecnia e vita», XIV, 1, genn. mar., 1974, pp.
167-192. Nel 1991, scriveva S. C. Sgroi che «un qualsiasi studio sulla lingua e lo stile
dell’opera di Domenico Tempio (1750-1821) pone come conditio sine qua non l’esistenza di
una benfondata filologicamente edizione dei testi del nostro autore. Ma tale condizione,
necessaria ancorchè non sufficiente, è lungi dall’essere soddisfatta», cfr. S. C. SGROI,
Microscopia di un componimento erotico di Domenico Tempio, in Domenico Tempio e
l’Illuminismo in Sicilia. Atti del Convegno di studio “Società di Storia Patria per la Sicilia
Orientale, Catania, 3-4-5 Dicembre 1990, a cura diC. Musumarra, Palumbo, Palermo, 1991, p.
207.
2 «(O almeno il più vero possibile), ripulito da ogni estranea incrostazione dovuta all’incuria
degli editori o alle difficoltà di un sistematico accertamento condotto sugli autografi o anche
sulle vicende redazionali di alcune opere o di alcune parti di esse», cfr. F. Branciforti, Lo
scrittoio del verista, in I tempi e le opere di Giovanni Verga,contributi per l’edizione
nazionale, Banco di Sicilia-Le Monnier, Firenze, 1986, p. 60.
3 Cfr. V. DI MARIA, S. CALÌ, Domenico Tempio e la poesia del piacere, G. Di Maria, Catania,
1970, vol. I, XXI: «La Monaca disperata dello pseudo Tempio»; e ancora a p. XXV: «quel Coito
alla milord, che da un secolo e mezzo a questa parte è stato costantemente attribuito a
Domenico Tempio»; ivi, vol. II, p.XV: «Critici come il Raya hanno affermato – e mai smentito –
che i capolavori del Tempio si ridurrebbero a La Monica dispirata e La minata di li dei, risulta
chiaro come Tempio sia stato condannato ad una ignoranza delittuosa. Quelle due
composizioni, infatti, non possono essere addebitate al Tempio», ibidem p. XXXII: «si tratta di
anonime ricuciture». Sul quarto tomo dell’edizione Giannotta(1874), scriveva Calì: «vengono
ascritte al Tempio alcune poesie che del Tempio non sono», cfr. S. CALÌ, Fortuna di Domenico
Tempio Tempio – Edizioni delle sue opere, manoscritti, traduzioni e bibliografia , in «Zootecnia
e Vita», XIV, 1, 1971, p. 28.
4 Escludendo i contributi relativamente recenti di S. Calì e V. Di Maria, fino ad oggi non sono
state pubblicate ricerche riguardanti gliinediti tempiani. Gli studiosi non hanno segnalato un
particolare interesse nei confronti di tale ricerca, anzi, secondo C. Musumarra «l’edizione critica
delle opere di D. T. […] non potrebbe offrire varianti di grande rilievo, cfr. Domenico Tempio,
Opere scelte, a cura di C. MUSUMARRA, Giannotta, Catania, 1969, p. 145.

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poetica. In altre parole, nonostante il desiderio più volte...