La tradizione e il concilio vaticano ii

Páginas: 15 (3674 palabras) Publicado: 16 de junio de 2011
31 maggio 2010

sì sì no no

La Tradizione e il Concilio Vaticano II:  continuità o discontinuità? 
La Tradizione
●Definizione La Tradizione è la “trasmissione” (dal latino tradere = trasmettere) orale di tutte le verità rivelate da Cristo agli Apostoli o suggerite loro dallo Spirito Santo, e giunte a noi mediante il magistero della Chiesa, assistita da Dio sino alla fine del mondo. LaTradizione assieme alla S. Scrittura è una delle “fonti” della Divina Rivelazione, è al tempo stesso “canale contenitore e veicolo trasmettitore” della Parola divinamente rivelata. Il magistero ecclesiastico è “l’organo” della Tradizione; gli “strumenti” in cui essa ci è stata data sono i Simboli di fede, gli scritti dei Padri, la liturgia, la pratica della Chiesa, gli Atti dei martiri e i monumentiarcheologici. ●Divisione La Tradizione si considera sotto due aspetti: 1°) aspetto attivo (soggettivo o formale): è l’organo vivo o il soggetto (persone o istituzioni/Papa e Chiesa) il quale funge da canale di trasmissione; 2°) aspetto passivo (oggettivo o materiale): è l’oggetto o deposito trasmesso (dottrina e costumi). Occorre far bene attenzione a non disgiungere i due aspetti e, soprattuttooggi, a non dare all’ aspetto soggettivo un primato assoluto, che farebbe coincidere totalmente col magistero vivente (del Papa attualmente regnante) la Tradizione anch’essa “vivente”, ma nel senso di continuamente “cambiante” (come fa Y. CONGAR, La Tradition et les traditions, Parigi, 1960, 2 volumi) 1 . La Tradizione di cui ci occupiamo in questo articolo è quella sacra o cristiana e non quellaprofana. La Tradizione cristiana si divide in a) Tradizione divina (insegnata direttamente da Cristo agli Apostoli); b) divinoapostolica (gli Apostoli non la ricevettero dalla bocca di Cristo, ma la ebbero dallo Spirito Santo). La Tradizione perciò consiste in quelle verità o precetti morali, disciplinari e liturgici, che derivano direttamente da Cristo o dagli Apostoli, in quanto promulgatori dellaRivelazione illuminati dallo Spirito Santo, verità e precetti trasmessi e da trasmettere incorrotti agli uomini sino alla fine del mondo. Essa è perciò oggetto di fede divina.

Tradizione “vivente”?
I primi discepoli ricevettero in maniera diretta e immediata la Tradizione dalla bocca dei Dodici Apostoli, mentre i posteri la ricevono in maniera indiretta e mediata, tramite l’insegnamento deisuccessori di Pietro (i Papi) e degli Apostoli (i vescovi uniti cum Petro et sub Petro). Il magistero è l’organo della trasmissione ininterrotta della medesima eredità che gli Apostoli hanno ricevuto da Cristo o dallo Spirito Santo. La funzione del magistero è di mediare secondo i bisogni di ogni generazione l’insegnamento divino, ma
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Cfr. G. MATTIUSSI, L’immutabilità del dogma, in “La Scuolacattolica”, marzo 1903.

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sempre ricollegandosi alla Tradizione ricevuta. Non deve, dunque, far vivere una fede nuova, ma deve tramandare continuamente e nuovamente l’identica fede predicata da Cristo e dagli Apostoli ribadendo, se occorre, in maniera nuova e approfondita la medesima verità contenuta nella Scrittura e nella Tradizione ed escludendo totalmenteogni ombra di contraddizione tra verità antiche e nuove: lo sviluppo deve avvenire “nello stesso senso e nello stesso significato” (S. VINCENZO DA LERINO, Commonitorium, XXIII), “senza contaminazioni, senza aggiunte, senza diminuzioni” (Pio XII, Muneficentissimus Deus). Solo in tal senso si può parlare di Tradizione “viva”, non in quanto “cangiante”, ma in quanto “omogeneamente crescente”. Non vi èTradizione, non sussiste verità cattolica se si trova contraddizione, contrarietà o concorrenza tra “nova et vetera”. Il card. PIETRO PARENTE su L’Osservatore Romano del 9-10 febbraio 1942 scriveva: «c’è da deplorare […] la strana identificazione della Tradizione (fonte della Rivelazione) col magistero vivo della Chiesa (custode ed interprete della divina Parola)». Vi è, infatti, una distinzione...
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